Il mito personale dell’esistenza «pietrificata» e la terribile esperienza concreta e universale della Prima guerra mondiale, combattuta sulla dura pietra del Carso, si fondono nel primo Ungaretti, la cui tensione è tutta rivolta alla ricerca della parola «nuda» ed essenziale.
La parola, che emerge dallo scavo della lingua e dell’esistenza per occupare la pagina con la sua forza evocativa e testimoniale, è il centro della poesia di Ungaretti, il nucleo che la genera e che ne scandisce il fluire, anche in una poesia dal corso sinuoso e insolitamente diffuso come I fiumi.
La poesia come vita d’un uomo è l’immagine che scorre tra i versi di Ungaretti, fin dagli esordi negli anni del fronte. La dialettica fra aridità e vitalità, fra immagini di morte e di rinascita, si traduce in dialettica tra la parola e il silenzio, tra la sillaba, che è suono e vita, e l’oblio.
I titoli delle raccolte poetiche ungarettiane permettono di seguire il percorso del poeta, fino alla definitiva convergenza verso la Vita d’un uomo, che già nel titolo dichiara il senso unitario di un’esperienza poetica lunga sei decenni.
Lo scorrere della vita, il fluire corrosivo del tempo, la resistenza della parola: il cammino poetico di Ungaretti è anche il tragitto autobiografico di un «nomade», di un «pellegrino», iniziato dalla nativa Alessandria d’Egitto, dove il deserto cancella ogni «segno di permanenza del tempo».