Al suo “diario” Pavese affida pensieri sulla propria arte, riflessioni sulla vita, sul mestiere di scrittore e sui temi che attraversano tutta la sua opera. Così, nella cadenza della scrittura quotidiana, il «mestiere di vivere» e il «mestiere di scrivere» si rispecchiano l’uno nell’altro.
Nel diario, ma più in generale nella riflessione di Pavese, il pensiero intorno allo stile e al ritmo rivela un’intima connessione tra riflessione tecnica e meditazione morale: lo stile è «modo d’essere e interpretazione morale della realtà».
Nella riflessione di Pavese, e dunque anche nelle pagine del suo diario, sono frequenti i ragionamenti intorno alla funzione del mito come fondamento della realtà e al suo rapporto con l’infanzia, il fantastico e la scrittura.
La poesia, e la scrittura in generale, scaturiscono dal mito e al tempo stesso lo consumano, aprendolo a una dimensione razionale che, mentre riduce a ragione e rende comunicabile il materiale mitico, ne esaurisce la produttività.
Pavese e Pasolini, autori lontani sul piano letterario, sono però uniti dal comune interesse per le prospettive antropologiche e folkloriche, che il loro pensiero penetra in profondità, con gli studi e i lavori di Ernesto de Martino a fare da «ponte».