La figura del cerchio come immagine della perfezione del creato, nel cui centro esatto il Creatore ha collocato l’uomo, sua creatura prediletta, entra in crisi all’inizio del Seicento.
Il perfetto disegno circolare dell’universo si dilata: un movimento rettilineo ne forza i confini fino a deformarli in quelli di un’ellisse, mentre gli spiriti più temerari osano perfino affacciarsi sull’infinito.
Mentre gli scienziati del Seicento riconoscono nell’ellisse la conseguenza del movimento impresso alla forma circolare, gli artisti coevi si sforzano di imprimere lo stesso movimento alla materia dell’architettura e della scultura.
Gli architetti barocchi, primo fra tutti Gian Lorenzo Bernini, ambiscono a trasferire alla materia il moto continuo e l’incessante mutare delle forme che caratterizza il reale.
Roma è il vero centro dell’arte barocca e qui si esprime, tra gli altri, il genio ribelle di Francesco Borromini, che spinge all’estremo le soluzioni tentate nello stesso giro d’anni da Bernini.
Il Novecento è stato forse il primo secolo a conoscere e comprendere fino in fondo l’arte barocca, tanto che lo stesso immaginario novecentesco risente fortemente di suggestioni dell’estetica e delle poetiche dell’età barocca.
Anche i grandi capolavori letterari dell’epoca barocca si presentano come costruzioni ellittiche: nella prosa del Don Chisciotte di Cervantes (1605), o nella poesia dell’Adone di Marino (1623).