Quando Manzoni mette mano ai Promessi Sposi, il panorama del romanzo italiano è un deserto: egli non dispone dunque di un modello, ma lo deve elaborare e costruire dal nulla.
L’ambientazione secentesca dei Promessi Sposi sembra spingere Manzoni a lavorare tenendo aperto accanto a sé il Don Chisciotte di Cervantes; e i suoi personaggi, di fatto contemporanei di don Chisciotte e Sancho Panza, ne diventano in qualche misura lo specchio.
Una essenziale teatralità attraversa I Promessi Sposi, che affondano le radici fino nella tradizione della Commedia dell’Arte e della grande opera lirica di Mozart, di cui lo stesso Manzoni fu spettatore appassionato.
La grande teatralità del romanzo si dispiega pienamente nel capitolo ottavo, dove il tentativo di Renzo per sposare Lucia ingannando don Abbondio è costruito come un perfetto meccanismo a orologeria, dai raffinati tempi comici.
Alla teatralità del romanzo corrisponde una forte figuratività, resa ancora più evidente dallo straordinario progetto grafico guidato da Manzoni stesso e realizzato da Francesco Gonin.