L’invenzione e la diffusione delle armi da fuoco non fu solo un fatto tecnico, ma costituì la catastrofe che segnò il tramonto dell’ideale cavalleresco e della civiltà cortese, sostituendo al valore del cavaliere la mira del tiratore.
Il ruolo delle nuove armi non solo produsse un epocale cambiamento di civiltà, ma anche un rinnovato rapporto tra politica e forza militare: due punti di vista che Machiavelli affrontò con geniale coerenza e originalità.
Forse più e meglio di Machiavelli, Guicciardini comprese fino a che punto la diffusione e il perfezionamento delle nuove armi avrebbe portato con sé un autentico mutamento antropologico.
Osservare la realtà nel suo farsi mette Guicciardini di fronte alla frammentarietà del reale, che solo una scrittura a sua volta frammentaria può riflettere e il valore unificante dell’esperienza individuale contenere.
Il tema della guerra, che si lega a quello della precarietà dell’esistenza, giunge nel cuore della modernità, quando ormai l’esaltazione dell’eroe solitario ha lasciato il posto alla rappresentazione della massa oscura e senza volto.
La moderna guerra tecnologica ha regole sue e impone una nuova rivoluzione antropologica: essa avanza una pretesa d’intelligenza e alimenta l’illusione di un conflitto di macchine e non più di uomini, senza più sangue.