«Il tempo della letteratura è reversibile», osservava il grande critico Gérard Genette; ed è in questo tempo reversibile che, da sempre, attraverso la memoria viva che costituisce una tradizione, i poeti dialogano a distanza.
Il dialogo che si instaura tra i poeti di diverse generazioni non conosce confini di lingua né confini di tempo: così i grandi poeti del nostro Novecento hanno dialogato, risalendo indietro nei secoli, con i primi poeti lirici dell’Europa occidentale.
I temi e i miti fondanti della nostra cultura vengono dibattuti dai poeti attraverso i loro versi, con toni talvolta provocatori e polemici, ma anche divertiti: esemplare è il ragionamento intorno alla natura dell’amore e della poesia.
Il confronto tra i poeti, le prese di distanza e il dialogo, la definizione dei diversi orientamenti passano, alle origini della poesia italiana, dalla ripresa delle parole-chiave, dei versi, dei metri dell’interlocutore, che è così identificato e in qualche misura accolto.
Uno dei casi più celebri di ripresa a distanza in chiave polemica riguarda il distacco ormai consumato tra il Dante della Commedia e Guido Cavalcanti, primo amico d’un tempo, assente come personaggio nel poema, ma presente con le sue parole.
La voce della poesia antica risuona ancora, come un’eco chiarissima e nitida, nella voce della nostra poesia contemporanea, nei versi e nelle raccolte di poeti come Montale, ma anche di protagonisti del secondo Novecento come Zanzotto, Giudici o Giuliani.